venerdì 19 febbraio 2016

ANCHE I PREMI NOBEL SBAGLIANO, KRUGMAN COMPRESO (moneta endogena)


Economisti di professione, professori universitari e addirittura premi Nobel spesso apprendono da giovani nozioni errate che poi ripetono pedissequamente per il resto della loro vita, senza revisionare o correggere certe valutazioni.
Del resto, che ai laureandi in economia facciano studiare anche delle falsità me ne accorsi già durante i miei anni universitari, quando al corso di "Economia degli intermediari finanziari" ci facevano studiare su libri di testo che rappresentavano la Banca d'Italia come una banca pubblica.

Quando si tratta di un premio nobel per l'economia, però, ci si aspetta maggiore preparazione e conoscenza su certi aspetti, in particolare quelli inerenti lo studio della moneta.
Paul Krugman, Premio Nobel per l'economia nel 2008 per la sua analisi degli andamenti commerciali e del posizionamento dell'attività economica in materia di geografia economica, è uno degli economisti più affermati e osannati del mondo.
Qualsiasi cosa lui scriva sul New York Times diviene vangelo economico.
Eppure, nonostante certe sue critiche al sistema siano condivisibili, in certe cose anche lui prende grossi abbagli.

In questo articolo intitolato "Banking Mysticism, Continued" tratto dal suo blog, Krugman scrive:

"First of all, any individual bank does, in fact, have to lend out the money it receives in deposits. Bank loan officers can’t just issue checks out of thin air"

traduzione:
"Prima di tutto, ogni singola banca, deve, nei fatti, prestare i soldi che riceve tramite i depositi. Gli impiegati addetti ai prestiti bancari non possono semplicemente emettere assegni dal nulla."

Caro Paul, ciò che affermi è sbagliato!

Esistono ormai centinaia di confessioni, riportate anche da fonti ufficiali delle banche centrali, in cui si afferma che la moneta sia creata dalle banche commerciali attraverso i prestiti e non il contrario.
Le banche non hanno bisogno dei depositi per poi erogare prestiti.
Anzi, avviene il contrario di quanto normalmente si suppone: sono i prestiti a creare i depositi.
Di recente è anche la Banca Centrale d'Inghilterra (BoE) ad ammetterlo in un bollettino ufficiale emesso di recente.


Faccio un esempio pratico: quando il sig.Rossi decide di comprarsi il nuovo suv 4x4 si reca all'Unicredit vicino casa per avere un prestito da 30.000,00 euro; la banca non possiede 30.000,00 euro in cassa (ovviamente mi riferisco alla moneta bancaria, non banconote, né di moneta legale), bensì crea questa cifra "dal nulla", grazie proprio alla richiesta di prestito del sig.Rossi.
La moneta non è altro che "una promessa di pagamento" che viene creata con i prestiti e distrutta con la loro restituzione.
Tutto ciò è descritto e confermato nella "teoria endogena delle moneta" (promossa da teorici come Kaldor, Shumpeter, dall'italiano Graziani) che si contrappone alla "teoria quantitativa della moneta" (per approfondire leggerehttp://keynesblog.com/2013/05/21/inflazione-e-moneta-endogena-il-pdf/ ): nella prima teoria la massa monetaria non dipende dall'offerta di moneta, sotto il controllo della banca centrale, ma dalla domanda di moneta e dalla propensione al prestito delle banche commerciali; mentre nella seconda, al contrario, la banca centrale è in grado di controllare la quantità di moneta.

Del resto come affermano gli stessi banchieri:

Claudio Borio, vicecapo del dipartimento economico e monetario presso la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI):

"L'ammontare del credito in essere è determinato dalla disponibilità delle banche a fornire prestiti, sulla base del trade-off percezione del rischio/rendimento e della domanda per i prestiti. Nel moderno settore bancario, le decisioni di credito precedono la disponibilità di riserve nella banca centrale." ( fonte )

Secondo la teoria endogena della moneta, quindi, i prestiti creano i depositi e i depositi creano le riserve (in moneta legale). La banca centrale, oltre a fissare il tasso di interesse, deve essere pronta a fornire liquidità in moneta legale necessaria, altrimenti il sistema finanziario crolla.

In conclusione, coloro che pensano che le banche abbiano la bacchetta magica per "creare denaro dal nulla" hanno compreso l'essenza del sistema finanziario, pur non avendo mai conseguito un premio Nobel.

Salvatore Tamburro

mercoledì 10 febbraio 2016

MINISTRO DEL TESORO EUROPEO: I BANCHIERI CI RIPROVANO


Di Daniele Pace

I due governatori delle banche centrali tedesca e francese, hanno redatto un documento, passato del tutto inosservato ai media, per spingere verso un Ministero del Tesoro Unico per la zona euro con un consiglio di bilancio indipendente. Tra i mezzi di informazione, solo Repubblica ha pubblicato il testo e la notizia, naturalmente con commenti positivi da parte di Eugenio Scalfari che si è dichiarato anche sorpreso di questo silenzio mediatico attorno alla questione. Una dichiarazione, quella dell'ex direttore, del tutto inappropriata, visto che fino ad oggi le grandi decisioni in tema monetario sono state sempre occultate ai cittadini, fin da quando una Banca d'Inghilterra privata conquistava il parlamento inglese con i suoi parlamentari del partito Whig nel Settecento e Ottocento.

Ma forse, la nuova strategia del potere bancario ormai imperante, non ha più bisogno di celarsi e può discutere di come depauperizzare il popolo anche sui giornali. E comunque, l'unico a dare la notizia, Eugenio Scalfari, non solo loda l'iniziativa dei due banchieri, ma fornisce quel velo di mistero sul silenzio degli “altri” come ad esaltare ancor di più l'iniziativa dei due banchieri.
La risposta di Scalfari, e dei due banchieri, ai problemi europei, lavoro, disoccupazione, demografia, è quella di allontanare ancora di più il centro decisionale e politico dalla realtà sociale, con un super Tesoro, magari piazzato al centro dell'Europa con a capo un ministro che dovrà decidere le sorti di Pantelleria come quelle una qualsiasi altra area del continente a livello macroeconomico.

Una politica economica vecchia di tre secoli, la classica dei mercantilisti inglesi che analizzavano la “ricchezza della nazione”, dimenticando il benessere del cittadino. Poco importa se la “ricchezza della nazione” comporterà il sacrificio dei suoi abitanti, come successe nell'Inghilterra descritta da Dickens. La “ricchezza della nazione” infatti, oggi come allora, era un insieme di teorie e di numeri su importazioni ed esportazioni, produzione e profitti, per i grandi mercanti e banchieri monopolisti che avrebbero poi dovuto far cadere la ricchezza dall'alto, ma che produsse l'effetto contrario, creando l'economia che conosciamo oggi.

Un'economia che non aveva nessuno spirito sociale, ridotta a sterili numeri e teorie macro, senza riguardo per gli individui, ma che difendeva la Banca d'Inghilterra che accentrava il potere monetario della nazione, attraverso i voti dei suoi azionisti eletti in parlamento.
Oggi i banchieri ci riprovano, con i soliti argomenti. Per combattere la disoccupazione l'unica soluzione è concentrare ancora di più il potere in un solo ministero, ancor più distante e distaccato dai cittadini, lontano. Per le riforma strutturali meglio avere un ministero unico e così via.

La realtà è nel documento firmato dai due banchieri, “condivisione della sovranità = condivisione dei rischi”, che tradotto in parole semplici diventerà “garanzia per i grandi creditori (le banche) di veder ripagati i debiti”. Non a caso nello stesso documento si chiede un rafforzamento delle regole e il completamento dell'unione bancaria europea.

I due banchieri chiedono dunque garanzie sul debito sovrano. (“in questo sistema di maggiore responsabilità individuale, dovremmo assicurarci anche che il rischio, compreso quello legato alle esposizioni debitorie degli Stati, venga tenuto in considerazione da tutti gli operatori, non foss'altro che per ridurre la vulnerabilità delle banche in caso di turbolenze che interessano il debito sovrano[1].)

Essi vogliono assicurarsi il pagamento dei debiti e il coinvolgimento dei privati nell'erogazione di nuovi prestiti agli stati. Privati che non possono essere altro che banchieri, gli unici in grado di operare sui debiti sovrani. (“Inoltre, sarebbe necessario esaminare come coinvolgere meglio gli investitori privati nei piani di salvataggio previsti nel quadro del Meccanismo europeo di stabilità, e come concepire un processo di ristrutturazione del debito sovrano”.[1])

Questo documento è la dichiarazione di intenti per i futuro prossimo, già annunciata da Draghi, a cui i due governatori hanno dato un'ideologia, quella del superministro per risolvere i superproblemi europei, contro qualsiasi rinazionalizzazione. Infatti, con la scusa di combattere le tendenze nazionaliste scatenate dalla dittatura europea, i banchieri sono del parere che il futuro dell'Europa non possa poggiare su una rinazionalizzazione, ma al contrario debba passare attraverso un rafforzamento delle sue basi”[1], spingendo per un modello che, dietro false promesse, sta trasformando il continente in una proprietà privata delle lobby.
Sicuramente il documento avrà un seguito teorico, come previsto da numerosi ad attenti ricercatori, per arrivare ad una nuova forma legislativa di attuazione della volontà dei banchieri.

NOTE

[1] Il documento completo dei governatori tedesco e francese:

Un'unica autorità per governare l'euro 

di JENS WEIDMANN e FRANCOIS VILLEROY DE GALHAU *

OGGI l’Europa si trova a un bivio. La crisi del debito non è del tutto terminata, e in molti Stati membri la disoccupazione rimane elevata. L’ascesa del terrorismo e l’ingente afflusso di profughi sono dei problemi che non potranno rimanere senza risposta. In Francia come in Germania, qualcuno può avere la percezione che la solidarietà europea, su questi due punti, sia carente. Altri arrivano addirittura a rimettere in discussione il progetto europeo, e le tendenze nazionaliste in diversi Stati membri si stanno accentuando. Tuttavia, come cittadini europei impegnati, noi siamo del parere che il futuro dell'Europa non possa poggiare su una rinazionalizzazione, ma al contrario debba passare attraverso un rafforzamento delle sue basi. Gli europei condividono valori forti, un modello sociale equo e una moneta solida. È questo il patrimonio su cui dobbiamo costruire. 

Premesso ciò, va detto che la crisi del debito sovrano ha scosso la fiducia nell'Unione economica e monetaria europea. Malgrado le differenti misure in atto per migliorare la stabilità della moneta unica, il quadro strutturale presenta insufficienze gravi. Non solo: la zona euro patisce la debolezza della crescita economica. Se è vero che la politica monetaria ha apportato sostegno all'economia della zona euro, è vero anche che non è in grado di generare una crescita duratura, dunque non costituisce l'argomento principale di questo editoriale. Sono necessare altre politiche economiche. Per rafforzare la prosperità e la stabilità della zona euro è necessario erigere tre pilastri economici: programmi di riforme strutturali nazionali portati avanti con determinazione, un'unione ambiziosa di finanziamenti e investimenti e una gestione migliore dell'economia.

Il fardello demografico. Programmi di riforme strutturali condotti con determinazione sono essenziali per rafforzare crescita e occupazione. Cominciamo dalla Francia: il funzionamento del mercato del lavoro necessita di miglioramenti e va affrontato il dualismo fra contratti a tempo determinato e indeterminato; al di là del credito di imposta per competitività e occupazione, sono necessarie altre misure per ridurre il costo degli impieghi non qualificati; il sistema di istruzione e formazione va riorganizzato per creare vie d'accesso al lavoro per i giovani, la promozione dell'apprendistato potrebbe rappresentare la via migliore. Sui mercati di beni e servizi, la concorrenza va rafforzata sopprimendo le barriere in entrata e in uscita, in particolare nei servizi. Sul debito pubblico, si dovrebbero proseguire gli sforzi intrapresi per raggiungere livelli più sostenibili: la disciplina di bilancio va rafforzata con una gestione più rigorosa delle spese.

Anche la Germania, a dispetto della situazione economica più favorevole, deve proseguire sulla strada delle riforme: le tendenze demografiche dovrebbero comportare una diminuzione della popolazione attiva, e l'afflusso di rifugiati a cui assistiamo non cambierà le cose in modo significativo. Il risultato sarà un rallentamento della crescita nel lungo periodo. 

Due sono le leve principali per agire: innalzare l'età di pensionamento, per allinearla all'aspettativa di vita, e accrescere il tasso di attività, in particolare incoraggiando più donne a prendere parte al mercato del lavoro. I servizi per l'infanzia e i servizi educativi vanno migliorati e sviluppati. Il sistema fiscale e di ridistribuzione tedesco può essere modificato per stimolare la ricerca di un impiego retribuito. È necessario varare misure decise per garantire ai rifugiati che resteranno nel Paese le conoscenze linguistiche e le competenze professionali necessarie per trovare lavoro. Inoltre, gli ostacoli all'aumento della produttività potrebbero essere eliminati riducendo le barriere in entrata, per esempio con la liberalizzazione e la deregolamentazione delle professioni, o con la rimozione dei vincoli alla creazione di un'impresa.

Un'insufficiente mobilizzazione del risparmio.
Oltre a riforme strutturali su scala nazionale, sono necessarie misure a livello europeo per rafforzare la crescita. La soppressione delle barriere esistenti alla creazione di un mercato comune nei servizi e nel digitale consentirebbe di moltiplicare i benefici prodotti dall'integrazione dei mercati dei beni.

La seconda tappa importante sulla strada del rafforzamento della zona euro riguarda l'implementazione di un programma ambizioso di "unione dei finanziamenti e degli investimenti". Infatti, una delle sfide principali riguarda il paradosso di un risparmio abbondante che non viene sufficientemente mobilizzato per investimenti produttivi. L'Europa può fare di più per colmare il divario, l'emissione di azioni sembra l'evoluzione più promettente. In Europa il peso dell'emissione di azioni fra gli strumenti di finanziamento delle imprese è la metà che negli Stati Uniti, mentre il finanziamento attraverso il debito è il doppio. Questo è un problema, perché il finanziamento attraverso l'emissione di azioni è il modo migliore per condividere i rischi e le opportunità, e per sostenere l'innovazione. Per esempio, il mercato borsistico americano, caratterizzato da una forte integrazione, è in grado di ammortizzare il 40% di uno shock economico che interessa un singolo Stato, perché i guadagni e le perdite delle imprese vengono distribuiti fra i proprietari sull'insieme del territorio.

Condivisione di sovranità. Nella zona euro, questa forma di condivisione dei rischi è quasi inesistente. Avvicinarsi ai livelli Usa consentirebbe di diventare un'unione monetaria più solida. Il progetto della Commissione europea di creare una "unione dei mercati dei capitali" offre risposta ad alcuni problemi. Prese singolarmente, iniziative come "l'unione dei mercati dei capitali", il piano Juncker per gli investimenti e il completamento dell'unione bancaria (una volta soddisfatte le condizioni preliminari) non sarebbero realmente significative, mentre sotto una forma più razionalizzata e ribattezzata "unione dei finanziamenti e degli investimenti" riuscirebbero, collettivamente, a canalizzare meglio il risparmio verso investimenti produttivi.

Infine, sulla politica economica e di bilancio, è necessario rafforzare la governance della zona euro. L'asimmetria fra sovranità nazionale e solidarietà comune costituisce una minaccia per la stabilità della nostra unione monetaria. Sfortunatamente, il quadro di coordinamento che era stato istituito come meccanismo di salvaguardia non è bastato a evitare il deterioramento delle finanze pubbliche e l'accumulo di squilibri economici, come ha dimostrato in particolare la crisi greca. Ci troviamo a un bivio e la domanda a cui rispondere ora è: come uscire da questa situazione subottimale? Una maggiore integrazione appare la soluzione più semplice per ripristinare la fiducia nell'euro, perché favorirebbe strategie comuni su finanze pubbliche e riforme e, di conseguenza, favorirebbe la crescita. A tal fine, sarebbe necessario che gli Stati membri della zona euro acconsentissero a una condivisione della sovranità e dei poteri a livello europeo, cosa che comporterebbe una più grande responsabilità democratica.

In questo nuovo contesto, la zona euro poggerebbe su una base istituzionale più solida, che dovrebbe fondarsi sull'idea centrale dell'integrazione monetaria europea, quella per cui l'Unione economica e monetaria apporta stabilità e crescita. Concepire il nuovo quadro è un compito che spetta ai leader politici, ma potrebbero partire, per esempio, dai seguenti elementi: un'amministrazione europea efficace e meno frammentata per costruire un Tesoro unico per la zona euro, con un consiglio di bilancio indipendente; un organo politico più forte per prendere le decisioni politiche, sotto il controllo del Parlamento. Queste nuove istituzioni consentirebbero di ristabilire l'equilibrio fra responsabilità e controllo.

Responsabilità e controllo. Tuttavia, se i governi e i Parlamenti della zona euro dovessero tirarsi indietro sulle implicazioni politiche di un'Unione vera e propria, l'unica opzione rimarrebbe un approccio decentralizzato fondato sulla responsabilità individuale e su regole più stringenti. In questo scenario, le regole di bilancio, già rafforzate, con il fiscal compact e il semestre europeo, dovrebbero essere completate. In questo sistema di maggiore responsabilità individuale, dovremmo assicurarci anche che il rischio, compreso quello legato alle esposizioni debitorie degli Stati, venga tenuto in considerazione da tutti gli operatori, non foss'altro che per ridurre la vulnerabilità delle banche in caso di turbolenze che interessano il debito sovrano.


Inoltre, sarebbe necessario esaminare come coinvolgere meglio gli investitori privati nei piani di salvataggio previsti nel quadro del Meccanismo europeo di stabilità, e come concepire un processo di ristrutturazione del debito sovranoche non metta a rischio la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso. Andare in questa direzione consentirebbe di conservare la sovranità nazionale in seno alla zona euro, con un livello di solidarietà conseguentemente più basso. È questa l'altra opzione nella direzione di un riequilibrio fra responsabilità e controllo.


* Jens Weidmann è presidente della Bundesbank, François Villeroy de Galhau è governatore della Banca di Francia
(Traduzione di Fabio Galimberti)

giovedì 4 febbraio 2016

LA ROCCAFORTE E’ STATA VIOLATA?


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DI
ELLEN BROWN
Per finanziare le infrastrutture il Congresso utilizza i fondi della FED
Lo scorso Dicembre, con l’approvazione di un epocale ‘disegno di legge’ volto alla realizzazione delle necessarie infrastrutture, il Congresso ha finalmente violato l’’indipendenza’ della Fed facendo ricorso, per il loro finanziamento, alle sue riserve ed ai suoi dividendi bancari.
Ma questo ‘disegno di legge’ potrebbe essere solo l’inizio. Alcuni esperti, fra i quali il ‘candidato al Congresso’ Tim Canova, sostengono che il Parlamento dovrebbe andare oltre e autorizzare che i fondi per le infrastrutture vengano concessi direttamente.
Per almeno un decennio think-tanks, commissioni e parti interessate hanno lottato perché il Congresso affrontasse l’impressionante arretrato nella manutenzione delle infrastrutture ed apportasse quei miglioramenti necessari per portarle nel 21° secolo.
Mentre il nostro disfunzionale Congresso combatteva senza sosta per il ‘fiscal cliff’ [1], la riforma fiscale, la riforma dell’assistenza sociale e la riduzione del deficit, paesi meno ricchi hanno superato gli Stati Uniti in materia d’innovazione ed efficienza.
Entrambe le Camere ed entrambi i Partiti politici concordavano sul fatto che qualcosa dovesse essere fatto, ma non riuscivano a mettersi d’accordo su dove trovare i fondi. I Repubblicani non erano disposti ad alzare le tasse ai ricchi e i Democratici non erano disposti a tagliare i servizi sociali per i poveri.
Lo scorso Dicembre, tuttavia, un compromesso è stato finalmente raggiunto. Il 4 Dicembre 2015 il ‘Dipartimento dei Trasporti’ ha raggiunto un accordo per finanziare le autostrade ed i progetti di trasporto pubblico. Il Presidente Obama ha firmato una Legge di 1.300 pagine volta alla loro realizzazione, per un importo di 305 miliardi di dollari.
Secondo l’ASCE [America Society of Civil Engineers] la somma è insufficiente per tutto il lavoro che deve essere fatto. Ciò nonostante questa Legge è da considerare come una conquista storica perché, dal 2005, mai il Congresso si era messo d’accordo su come finanziare sul lungo termine i progetti per le autostrade e per il trasporto pubblico.
Si tratta di una conquista storica perché il Congresso ha stabilito da dove avrebbe preso il denaro: lo prenderà in gran parte dalla Federal Reserve e dalle mega-banche di Wall Street. L’affare è stato riassunto in un articolo di Bloomberg dello scorso Dicembre, dal titolo ‘Highway Bill Compromise Would Take Money from US Banks’:
“”Le misure sulle autostrade sarebbero in parte finanziate attraverso l’utilizzo una-tantum delle riserve della Federal Reserve e la riduzione del 6% dei dividendi che le banche nazionali ricevono dalla Fed .… Le banche con assets minori di 10 miliardi di dollari sarebbero esentate dal taglio.
L’’eccesso di capitale’ [2] della Fed viene dalle 12 ‘Reserve Banks’ [3]. Il ‘disegno di legge’ per le autostrade consentirebbe il prelievo una tantum di 19 miliardi di dollari dal surplus, che al 25 Novembre 2015 era pari a 29,3 miliardi …. Le banche hanno vigorosamente combattuto il taglio dei dividendi che si stima possa generare, in favore del fondo fiduciario per le autostrade, circa 17 miliardi di dollari l’anno per 10 anni””.
In un articolo dello scorso Novembre su ‘Politico.com’, Zachary Warmbrodt ha scritto che la Federal Reserve aveva espresso ‘forti preoccupazioni sull’utilizzo di queste risorse per finanziare la spesa fiscale’.
Ma lo stesso Ben Bernanke – l’ex Presidente ora al ‘Brookings Institute’ – ha riconosciuto, in un post pubblicato sul blog dell’Istituto, che la Fed potrebbe operare anche con poco o addirittura nessun capitale [4], pur sostenendo che ‘non è una buona prospettiva o comunque un buon precedente’ assalire una Banca Centrale indipendente.
Per l’ex Presidente non si tratta di una buona cosa. Ma il Repubblicano Peter DeFazio (D-Oregon), membro della ‘Commissione per i Trasporti’ della Camera, ha replicato che:
“”Sostenere che questa Legge abbia violato l’integrità etc. etc. della Fed è assurdo. Si tratta di un organismo che crea denaro dal nulla […]. Se la Fed può salvare e concedere tassi d’interesse preferenziali alle banche, può fare qualcosa anche per l’economia reale e per l’americano medio. E’ giunto il momento che anch’essa dia una mano””.
E’ GIUNTA L’ORA
L’ora può davvero essere quella giusta. Per oltre un secolo i ‘populisti’ e i ‘riformatori’ hanno presentato al Congresso petizioni su petizioni per risolvere il problema dei finanziamenti, autorizzando il Governo ad esercitare il potere sovrano di emettere denaro in modo diretto, attraverso la Federal Reserve o il Tesoro.
Nel 1860 Abraham Lincoln emise banconote senza debito – le US-Notes o ‘greenbacks’ [5] – per finanziare gran parte della Guerra Civile, ma anche la ‘ferrovia transcontinentale’ e il sistema del ‘land-grant college’ [6].
Nel 1890, i ‘populisti’ cercarono senza successo di far rivivere questa forma di finanziamento delle infrastrutture. Al contrario, durante la Grande Depressione il Congresso autorizzò l’emissione di diversi miliardi di dollari di US-Notes nell’ambito del ‘Thomas Amendment to the 1933 Agricultural Adjustment Act’.
Nel 1999 il Repubblicano dell’Illinois, Ray LaHood, introdusse lo ‘State and Local Government Economic Empowerment Act (H. R. 1452)’, che autorizzava il Tesoro degli Stati Uniti a concedere prestiti senza interessi allo Stato e alle ‘amministrazioni locali’ per gli investimenti in infrastrutture.
Il Professore di Diritto Timothy Canova, se fosse eletto per rappresentare il ‘23° distretto congressuale’ della Florida – sconfiggendo il controverso Debbie Wasserman Schultz, attuale Presidente della ‘Democratic National Convention’ – si batterà per la reintroduzione di questo modello di finanziamento. In un articolo del Dicembre 2012 il Prof. Canova aveva scritto che:
… I banchieri di Wall Street e gli economisti mainstream sostengono che i ‘greenbacks’ e le altre proposte di questo tipo sarebbero inflazionistiche, deprezzerebbero il dollaro, il mercato delle obbligazioni e porrebbero fine alla civiltà occidentale.
Tuttavia, negli ultimi quattro anni, la Federal Reserve – che è giunta al suo terzo programma di Quantitative Easing – ha sperimentato proprio questo tipo di ‘programma’, creando nuovo denaro dal nulla sotto forma di crediti in Fed-Notes [banconote della Federal Reserve] per l’acquisto di migliaia di miliardi di dollari di obbligazioni dalle grandi banche e dagli hedge funds. Ma il valore del dollaro non è crollato e il mercato obbligazionario resta pur sempre forte.
Queste migliaia di miliardi di dollari di nuova creazione non hanno fatto colare a picco Main Street [7] e le classi medie in difficoltà. Tuttavia, i programmi implementati dalla Fed per puntellare le banche, il prezzo delle obbligazioni e il mercato azionario, non hanno portato loro alcun beneficio””.
In un editoriale del Gennaio 2015 del britannico ‘The Guardian’, intitolato ‘European Central Bank’s QE Is a Missed Opportunity’, Tony Pugh ha affermato, al riguardo dei programmi di QE statunitensi ed europei, che:
“” I Quantitative Easings, per come sono stati praticati dalla Banca d’Inghilterra e dalla Federal Reserve, hanno inondato di denaro il settore finanziario a beneficio degli obbligazionisti, senza creare il cosiddetto effetto ricchezza, ovvero senza alcuna ricaduta per l’economia reale …
Se l’Unione Europea fosse stata abbastanza coraggiosa, avrebbe potuto finanziare la realizzazione di infrastrutture o di impianti per l’energia rinnovabile direttamente, tramite la creazione di moneta elettronica, senza dover prendere denaro in prestito. Il nostro Governo ha questa ‘autorità’, quello che manca è la ‘volontà politica’.
La ‘Confederation of British Industry’ ha calcolato che 1 sterlina spesa farebbe aumentare il PIL di 2,80 sterline, effetto del moltiplicatore monetario. Il QE della Banca d’Inghilterra pari a 375 miliardi di sterline è stato un’occasione sprecata””.
In un articolo pubblicato su ‘The Economist’ lo scorso mese di Novembre, il Direttore del FMI, Sig.ra Christine Lagarde, ha detto che:
“”Una ricerca del FMI dimostra che, nelle economie avanzate, un aumento della spesa per investimenti pari ad un punto percentuale di PIL, aumenta il livello complessivo della produzione di circa lo 0,4% nel corso dello stesso anno e dell’1,5% quattro anni dopo quell’aumento””.
In un documento del Dicembre 2015, intitolato ‘Recovery in the Eurozone: Using Money Creation to Stimulate the Real Economy’, Frank van Lerven ha commentato questa ricerca, scrivendo che:
“”Per l’Eurozona, l’analisi statistica dei ‘modelli di reddito e consumo’ suggerisce che 100 miliardi di euro di nuova creazione, distribuiti ai cittadini, porterebbero ad un aumento del PIL pari a circa 232 miliardi di euro.
Utilizzando i moltiplicatori fiscali del FMI, la nostra analisi empirica suggerisce che utilizzare questo denaro per finanziare 100 miliardi di euro di investimenti pubblici ridurrebbe la disoccupazione di circa un milione di unità e potrebbe essere, per lo stimolo del Pil, da 2,5 a 12 volte più efficace rispetto ai correnti QE””.
IL MITO DELL’IPERINFLAZIONE
L’invariabile obiezione che viene posta ai Governi che esercitano il potere sovrano di creare denaro è che questo esercizio porta all’iperinflazione. Ma i numeri che abbiamo appena visto smentiscono il presupposto.
Se spendere 100 miliardi di euro per le infrastrutture porta il PIL a 232 miliardi, i prezzi dovrebbero scendere più che salire, dal momento che la fornitura di beni e servizi (il PIL) crescerebbe di oltre due volte più velocemente della domanda (il denaro). La teoria convenzionale sostiene che i prezzi salgono quando troppi soldi sono a caccia di troppo pochi beni, ma in questo caso sarebbe vero il contrario.
In un editoriale dello scorso Novembre, il Washington Post ha ammonito il Congresso di non confondere la politica fiscale con quella monetaria, avvertendo che:
“”Molte ‘Repubbliche delle Banane’ … hanno dovuto affrontare dei gravi problemi dopo aver usato la loro Banca Centrale per facilitare i deficits di spesa dei loro Governi””.
Ma, secondo il Prof. Michael Hudson, che ha ampiamente studiato l’iperinflazione, non è che queste ‘Repubbliche delle Banane’ siano finite nei guai perché hanno stampato denaro.
La realtà è che quasi tutta l’iperinflazione fu causata dal crollo del cambio, generato dal servizio del debito estero. E’ questo, e non la spesa interna, che generò l’iperinflazione in Germania nel 1920, ma anche in Argentina ed in altri paesi latino-americani negli anni ’80 – e in precedenza in Cile.
PROMETTENTI POSSIBILITA’
Qualsiasi invasione del ‘tappeto erboso’ della Fed è vista con allarme da Wall Street e dai media mainstream. Ma per le persone che lottano per pagare le bollette e che soffrono per la fatiscenza delle infrastrutture questo sviluppo è promettente. La breccia sulla mura della Banca Centrale è stata aperta, anche se per il momento è solo una crepa. Il rivolo potrebbe un giorno diventare un flusso, un grande fiume di liquidità che potrebbe alimentare i motori della produttività di un’economia vivace.
Tuttavia, perché tutto ciò accada, abbiamo bisogno di una cittadinanza illuminata e di leaders del Congresso disposti a farsene carico. E’ questo ciò che rende la ‘corsa per il Congresso’ del Prof. Tim Canova uno sviluppo entusiasmante.
Ellen Brown

Fonte versione italiana: www.comedonchisciotte.org
Tradotto da FRANCO
Fra parentesi tonda ( … ) le note dell’Autrice
Fra parentesi quadra [ … ] le note del Traduttore, ed inoltre:
[1] Scolasticamente, per ‘fiscal cliff’, in italiano ‘baratro fiscale’, si intende il tracollo economico che sarebbe provocato da un consistente aumento delle tasse giunto alla drastica riduzione della spesa pubblica.
[2] ‘Eccesso di Capitali’ o ‘Capital Surplus’: per saperne di più: http://www.investopedia.com/terms/c/capitalsurplus.asp
[3] Per saperne di più, si può consultare questo sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Federal_Reserve_System
[5] Per saperne di più, fra i tanti siti, si può vedere qui: https://en.wikipedia.org/wiki/Greenback_(1860s_money)
[6] Per saperne di più, fra i tanti siti, si può vedere qui: http://www.britannica.com/topic/Land-Grant-College-Act-of-1862
[7] Per il concetto di Main Street si può vedere qui: https://en.wikipedia.org/wiki/Main_Street