martedì 29 aprile 2014

COSA SI NASCONDE DIETRO IL PARADIGMA DELLA "CRESCITA" ?

Come ci ricorda Ivan Illich, il più grande pensatore del Novecento, il concetto di “sviluppo economico” nella sua accezione attuale fa la sua comparsa il 10 gennaio 1949, nel celebre “Discorso dei Quattro Punti” rivolto alla nazione dal presidente americano Truman, alla vigilia della ricostruzione post-bellica.



Fino ad allora, tale espressione era relegata all’evoluzione delle specie animali, al gioco degli scacchi e poco altro. Da quel giorno, e in meno di una generazione, hanno invece cominciato a pullulare le più disparate teorie sull’opportunità diinscatolare all’interno di quel concetto il vero destino dell’evoluzione del genere umano: se da un lato si ricordano i cosiddetti “pragmatisti”, coloro cioè che attribuivano alla vocazione imprenditoriale l’unica rotta salvifica perseguibile; dall’altro lato, vi erano quelli che potremmo definire gli “aspiranti politici”, prevalentemente intenti a salvaguardare gli aspetti più “soft” del new-deal espansionistico, come per esempio l’intima realizzazione di se stessi.
L’unico aspetto che accomunava le due correnti di pensiero era, guarda caso, che la salvezza sarebbe necessariamente dovuta passare per la crescita: entrambi sostenevano che l’unica via percorribile sarebbe stata l’incremento della produzione e, con essa, una maggiore dipendenza dai consumi. 


La cosa vagamente ironica, ci ricorda sempre l’immenso Illich, è che ciascuno dei due "schieramenti” utilizzava, in difesa delle proprie ragioni, la foglia di fico della Pace. Tanto che, all’epoca, schierarsi contro lo sviluppo, oppure contro quella che sarebbe diventata (come la chiamo io) l’ipnosi consumistica globale, significava essere additati come nemici della Pace. Persino Gandhi fu spesso rappresentato come uno sciocco, un romantico o uno psicopatico, tanto che molti suoi insegnamenti furono astutamente distorti (e,aggiungo, violentati) nell’equivoco concetto di “strategia di sviluppo non violento”. 
Oggi, dopo 65 anni, è cambiato qualcosa? A cosa ha portato quel new-deal? Quali sono stati gli effetti sulla civiltà di quella rivoluzionaria intuizione di Truman? 



All’indomani del Dopoguerra, l’Occidente ha cavalcato a spron battuto gli stilemi della crescita ad ogni costo. Ai quali, aggiungo io, è stata surrettiziamente affiancata la suggestione sociale dell’irrinunciabilità. Tutto, in un modo o nell’altro, avrebbe potuto (e dovuto) essere raggiungibile: il lavoro, la carriera, il successo, i viaggi, le esperienze, fino a farcire queste prospettive con le loro derivazioni idealistiche: la libertà, l’amore, la bellezza... La postmodernità ha astutamente previsto, per i suoi abitanti, l’illusoria prospettiva della panpossibilità:tutto sarebbe stato a portata di mano! Questo new-deal era, fuori da ogni discussione, diabolicamente perfetto: da un lato, garantiva continuità al paradigma economico dello sviluppo indiscriminato; dall’altro lato, soggiogava intere popolazioni, subordinandole a un imperativo di crescita che avrebbe sempre più richiesto un loro radicale asservimento al mondo del lavoro. Utile o inutile, questo era di secondaria importanza. Gratificante o umiliante, questo era di importanza, invece, nulla. 
E le persone? Ci arriviamo...  

Sempre in quegli anni, ci ricorda stavolta Zygmunt Bauman, il maggior sociologo vivente, assistiamo all’esaltazione di un ruolo sociale con cui molti di noi, ancora oggi, fanno quotidianamente i conti: la figura del manager. Come molti di voi, so benissimo anch’io cosa significhi essere oggi un manager. Tuttavia, solo recentemente ho imparato che questo ruolo prende forma e vita, proprio in quegli anni, con il solo scopo di intermediare tra la catena di montaggio e la proprietà, divenuta ormai incapace di controllare direttamente tutte le microfunzioni del processo produttivo. Il manager, diversamente da quanto comunemente si crede, non è deputato a prendere decisioni, non gli vengono richieste particolari doti di lungimiranza o di problem-solving. No, niente di tutto ciò! Fin dai suoi albori, il manager deve fare essenzialmente due cose: osservare e riferire. Il perfetto morphing tra un vigilante e una spia. Avvilente? Forse, ma comunque ben remunerato! Unico requisito? La piena fiducia da parte della proprietà. (Quando mi viene chiesto come mai oggi non ci sia meritocrazia nel mondo del lavoro in Italia, io rispondo sempre: “La meritocrazia c’è eccome: si tratta solo di stabilire con quali prassi e atteggiamenti lo si vuole riempire, questo concetto...”). 

La figura del manager è quella che oggi, con decine di chili di manuali di organizzazione aziendale sugli scaffali delle librerie, potremmo definire una commodity: un servizio cioè esternalizzabile, in quanto rappresenta un’inutile (a volte, dannosa) interferenza tra la base produttiva e il vertice decisionale della piramide aziendale. Dico “dannosa” perché, in molti casi, assolvere a una mera funzione di rendicontazione di quanto avviene sotto di loro, implica per la proprietà un assorbimento di risorse economiche che potrebbero compromettere la salute stessa dell’organizzazione. O che, comunque, potrebbero essere destinate ad investimenti a più alto ritorno. Ma lo sappiamo: come tutte le cose, la fiducia ha un prezzo, no? 


Quindi, paghiamo pure la fiducia – si disse – ma insistiamo però su un altro imperativo, che ha preso sempre più piede dagli anni del boom economico ai giorni nostri: quello della produttività. E, con essa, arriviamo finalmente anche alle persone (che, come ormai sarà chiaro, occupano un ruolo periferico in tutto questo palinsesto organizzativo).  

La produttività, per tutti i policy-maker (dal Presidente del Consiglio, al numero uno di Confindustria, fino al vostro caporeparto), è uno snodo strategico imprescindibile: va salvaguardata a tutti costi. Ma... senza esagerare. Perché, se la carichi troppo, la schiena del ciuco rischia pur sempre di spezzarsi. 
Ed è così che, come ci ricorda il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, grazie anche a un progresso tecnologico ben più che lineare (esponenziale), dagli anni Settanta ad oggi la produttività del lavoro è cresciuta nelle economie occidentali a ritmi forsennati. Molto superiori – per esempio – alla dinamica dei salari reali medi. Ed ecco che, per i più avvezzi alle relazioni macroeconomiche, si spiegano così anche le vere cause degli attuali livelli (sub)occupazionali. 


Pensiamoci: per ottenere lo stesso bene o servizio finale – un cesto di mandarini, un stampa fotografica, un nuovo contratto telefonico o un qualsiasi altro bisogno (per lo più, indotto) – al giorno d’oggi occorrono molte ore di manodopera in meno. La filiera è molto più corta e, soprattutto, dove si può fare a meno dell’uomo, subentra la tecnologia. Quella di cui tuttavia non si può fare a meno è chiamatamanodopera qualificata: sempre più rara, sempre più strategica, ma pagata sempre meno, in quanto, mediamente, i salari comunque diminuiscono (e, da qui, il tema delle disuguaglianze distributive, che non affronterò in questa sede, perché troppo vasto).


Tuttavia, proprio per tutelare la produttività (occhio: non i lavoratori), nel decennio a cavallo del nuovo millennio i soloni dell’organizzazione aziendale introducono un concetto nuovo, tanto suggestivo quanto ipocrita: la worklife balance (equilibrio lavoro-vita privata): nell’ambito di una vita dedicata prioritariamente al lavoro, occorre cioè consentire all’unità produttiva di distrarsi (dedicandosi alla famiglia, al tempo libero, agli hobby...). Infine, è di un paio d’anni fa quella che mi piace definire “la controriforma”, perfettamente illustratada una docente della SDA Bocconi, santuario italiano della dottrina neoliberista: la work-life balance deve progressivamente essere sostituita con la worklife integration: lavoro e vita privata non devono cioè essere due “momenti” che, alternandosi, si completano vicendevolmente, bensì divengono due fasi della nostra vita che si compenetrano simultaneamente. Così, per fre un esempio banale, nessuno storcerà il naso se un lavoratore effettuerà una telefonata personale dall’ufficio, ma – simmetricamente – lo stesso lavoratore sarà poi dotato di blackberry, tablet o altri astutissimi “malefit” aziendali, in modo che possa poi essere mantenuto agganciato alla sua attività di giorno e, spesso, di notte (o, come oggi è molto più cool affermare, 24/7). 

In questa prospettiva, e citando ancora una volta Bauman, “[...] quei confini sacrosanti che separavano la casa dal luogo di lavoro, e il tempo da dedicare alla carriera da quello cosiddetto “libero”, sono praticamente svaniti; dunque, ogni attività della nostra vita diventa una scelta: seria, dolorosa e spesso seminale, tra carriera ed obblighi morali, tra impegni professionali ed esigenze vitali, nostre e di tutti coloro che hanno bisogno del nostro tempo, della nostra compassione, delle nostre cure, del nostro aiuto e della nostra assistenza.” 

Questa è l’attuale situazione, cari amici de “il Cambiamento”. Ve l’ha provata a delineare, per sommi capi, una persona che, pesantemente radicata in questo mondo da una dozzina d’anni, ha la presunzione di conoscerla piuttosto bene e che ha deciso anche lui di fare il manager: cioè... osservando e riferendo. 
Il mio think-net si chiama “Low Living High Thinking”. Vivere basso e pensare alto è più di un semplice motto. E’ più che altro un destino. Ed è comune. Solo che, purtroppo, ancora in molti non lo sanno...


Di Andrea Strozzi
Il Cambiamento

lunedì 28 aprile 2014

" GENOCIDIO" DELLE IMPRESE ARTIGIANE


Di: Claudio Marconi
La Cgia di Mestre ci informa che negli ultimi 5 anni hanno chiuso 75.000 imprese artigiane. 41 al giorno. Uno sterminio di capacità, caparbietà,voglia di fare, operosità ed estro italiani.
Un altro dei tanti “ successi “ dell’euro.
Fino ad oggi l’Italia era riuscita a salvarsi grazie alle piccole imprese ed all’artigianato, alla creazione di posti di lavoro di questi veri e propri eroi nazionali.
Avendo voluto importare una moneta forte, oltre che emessa a debito, come l’euro, che non teneva conto della realtà economica nazionale si è sancita la fine di queste imprese che, non potendo più contare sul vantaggio competitivo, sia estero che nazionale, di una moneta flottante si è vista “ massacrata” dalle economie più forti, avvantaggiate dal cambio dell’euro.
Oltre al danno della moneta forte questa Europa ha sancito anche la libera circolazione dei capitali dando vita da una migrazione senza pari di moltissime attività produttive nazionali.
Riduzione del potere di acquisto delle famiglie nazionali, una tassazione immonda, la restrizione del credito, gli adempimenti burocratici , la mancanza, come si diceva, di una moneta flottante, hanno dato il colpo di grazia a questo settore trainante dell’economia italiana.
Agli artigiani che, è bene ricordarlo, non hanno ammortizzatori sociali, sono rimasti i debiti e la mancanza di lavoro: la schiera dei disoccupati si ingrossa.
Ma si ingrossa creando un danno difficilmente rimediabile, con queste “pazzie” europee: si è perso un capitale umano di operatività, ingegno e creatività; si è perso uno dei caposaldi della nostra economia: l’estro italiano del creare prodotti unici.
Se non ci liberiamo, ed alla svelta dell’euro, saremo trasformati in un paese di consumatori, fino a che i tecnocrati europei ce lo consentiranno.


Fonte: http://www.comunita-ipharra.it/news/genocidio-de
lle-imprese-artigiane/

mercoledì 23 aprile 2014

Martin Wolf: Solo gli ignoranti vivono nella paura dell'iperinflazione

In un interessante articolo sul Financial Times, Martin Wolf sfata il mito del rapporto tra  moneta e inflazione - riprendendo il bollettino trimestrale della Banca d'Inghilterra (già commentato su Voci qui)
Ma nonostante questo impegno informativo del chief economist del FT e di una delle più importanti banche centrali,  accade che su siti di forte impatto mediatico continuino a trovare spazio delle tesi insensate...

 

La mancata comprensione del sistema monetario ha reso più difficile l'intervento delle banche centrali.

Alcuni anni fa, ho moderato un dibattito in cui un uomo politico statunitense insisteva che la stampa di denaro della Federal Reserve avrebbe presto portato all'iperinflazione. Eppure oggi la principale preoccupazione della Fed è piuttosto come riuscire far salire l'inflazione all'obiettivo stabilito. Come molti altri, il politico non riusciva a capire il funzionamento del sistema monetario.


Ma purtroppo, l'ignoranza non è beata! Ha reso più difficile per le banche centrali agire in modo efficace. Fortunatamente la Banca d'Inghilterra si sta preoccupando di fornire la formazione necessaria. Nel suo ultimo Bollettino trimestrale, il suo staff spiega il sistema monetario. Riporto qui sette punti fondamentali su come effettivamente funziona, al contrario di quel che la gente pensa.

In primo luogo, le banche non sono solo intermediari finanziari. L'atto del risparmio non aumenta i depositi nelle banche. Se il tuo datore di lavoro ti paga, il deposito semplicemente si sposta dal suo conto al tuo. Questo non influisce sulla quantità totale di moneta; invece la moneta aggiuntiva è un prodotto dei prestiti. Ciò che rende speciali le banche è che i loro debiti sono soldi - un titolo di debito (IOU) universalmente accettato. Nel Regno Unito, il 97 per cento dell'aggregato monetario più ampio è costituito dai depositi bancari per lo più creati dal credito bancario. Le banche effettivamente "stampano" soldi. Ma quando i clienti rimborsano i crediti, vengono distrutti.

In secondo luogo, il "moltiplicatore monetario" che collega i prestiti alle riserve bancarie è un mito. Nel passato, quando le banconote potevano essere liberamente convertite in oro, questo rapporto poteva anche esistere. Dei severi coefficienti di riserva potevano ancora ristabilirlo. Ma non è così che funziona oggi il sistema bancario. In un sistema monetario fiat, la banca centrale crea riserve a volontà. Quindi fornirà alle banche le riserve di cui hanno bisogno (ad un certo prezzo) per estinguere le loro obbligazioni di pagamento.

In terzo luogo, sono i rischi e i benefici attesi che determinano la quantità dei prestiti concessi dalle banche, e così la quantità di moneta che esse creano. Le banche devono considerare quanto hanno da offrire per attrarre depositi e quanto potrebbe essere redditizio o rischioso qualsiasi eventuale prestito supplementare. Lo stato dell'economia - in sé fortemente influenzato dalle loro azioni collettive - guiderà queste decisioni. Anche le decisioni degli operatori non-bancari influenzano direttamente le banche. Se i primi rifiutano di contrarre prestiti e decidono di rimborsare quelli che hanno, il credito e così il denaro si ridurrà.

Quarto, la banca centrale influenzerà le decisioni delle banche adeguando il prezzo che fa pagare (il tasso di interesse) sulle riserve supplementari. Ecco come funziona la politica monetaria in tempi normali. Dal momento che la banca centrale è il fornitore monopolista delle riserve bancarie e poiché le banche necessitano di depositi presso la banca centrale per aggiustare i loro reciproci pagamenti, la banca centrale può in questo modo determinare il tasso di interesse a breve termine dell'economia. Nessuna banca sana di mente presterebbe a un tasso inferiore a quello che deve pagare alla banca centrale, che è la banca delle banche.

Quinto, le autorità possono anche influenzare le decisioni di prestito delle banche attraverso la regolamentazione - requisiti di capitale, requisiti di liquidità, regole di finanziamento e così via. La giustificazione di questa regolamentazione è che il credito bancario ha delle ricadute o "esternalità". Così, se molte banche finanziano coi prestiti la stessa attività - acquisto di immobili, per esempio - faranno salire la domanda, i prezzi e le attività, giustificando così ancora maggiori prestiti. Un ciclo di questo tipo potrebbe portare - anzi spesso ha portato - ad un crollo del mercato, una crisi finanziaria e una profonda recessione. La giustificazione di una regolamentazione sistemica è che serve, o almeno dovrebbe servire, ad attenuare questi rischi.

Sesto, le banche non prestano le loro riserve, non hanno bisogno di farlo. Non lo fanno perché tutti gli operatori non-bancari non possono tenere un conto presso la banca centrale. E non ne hanno bisogno perché possono creare prestiti per conto proprio. Inoltre, le banche non possono ridurre le loro riserve aggregate. La banca centrale può farlo con la vendita di asset. Il pubblico può farlo convertendo i depositi in cash, l'unica forma di moneta di banca centrale che il pubblico può detenere.

Infine, il quantitative easing - l'acquisto di asset da parte della banca centrale - amplierà l'offerta di moneta. Lo fa sostituendo, per esempio, i titoli di Stato detenuti dal pubblico con depositi bancari, e in questo processo espande le riserve delle banche presso la banca centrale. Questo aumenterà l'aggregato monetario più ampio, a parità di condizioni. Ma dal momento che non vi è alcun moltiplicatore della moneta, l'impatto sull'offerta di moneta può essere - e in effetti recentemente lo è stato - modesto. L'impatto principale del QE è sui prezzi relativi degli asset. In particolare, questa politica aumenta i prezzi delle attività finanziarie e ne riduce il rendimento. La giustificazione per questo è che a livello di tassi zero la normale politica monetaria non è più efficace. Così la banca centrale cerca di abbassare i rendimenti su una più ampia gamma di asset.

Questo non è solo un discorso accademico. Comprendere il sistema monetario è essenziale. Uno dei motivi è che eliminerebbe gli ingiustificati timori di iperinflazione. Questa potrebbe verificarsi se la banca centrale creasse troppa moneta. Ma negli ultimi anni la crescita della moneta detenuta dal pubblico è stata troppo lenta, non troppo veloce. In assenza di un moltiplicatore monetario, non vi è alcuna ragione perché le cose cambino.


Una ragione ancora più forte è che subappaltare la funzione di creazione della moneta ad imprese private in cerca di profitto non è il solo sistema monetario possibile. E può anche non essere il migliore. Infatti, esiste la possibilità di lasciare che sia lo stato direttamente a creare moneta. Ho intenzione di affrontare questo argomento in un prossimo articolo.

Fonte: http://vocidallestero.blogspot.it/2014/04/martin-wolf-solo-gli-ignoranti-vivono.html

martedì 22 aprile 2014

Il business del debito pubblico Banche estere padrone in Italia Fanno soldi a palate gestendo le aste di Bot e Btp

di Stefano Sansonetti
Vincono sempre loro. Secondo il ministero del Tesoro, oggi guidato da Pier Carlo Padoan, nessuno come le banche estere sa distinguersi nella gestione del debito pubblico italiano. Al punto che il destino di quel “mostro” da 2.100 miliardi di euro sembra inevitabilmente destinato a dipendere dalle mosse di un selezionato gruppo di istituti internazionali. Alla fine di gennaio 2014, quando tecnicamente il ministro era ancora Fabrizio Saccomanni, il ministero dell’economia ha deciso che la banca americana Citigroup è stata la più brava nella gestione delle aste dei nostri titoli di Stato. Nelle quattro edizioni precedenti la speciale classifica stilata annualmente dal Tesoro era stata vinta dagli inglese di Barclays. Ancora prima, correva l’anno 2008, il primato era stato assegnato ai francesi di Société Générale. Insomma, le banche estere fanno man bassa da 6 anni. Ma cosa guadagnano, esattamente, a vincere questa particolare graduatoria? Naturalmente soldi e un’immensa pubblicità, che a cascata può portare altri soldi.
Il meccanismo
soldi a palateDiciamo subito che attualmente l’Italia vanta una lista che complessivamente contiene i nomi di 20 “specialisti in titoli di stato”. Si tratta dell’ultimo elenco disponibile, relativo all’8 aprile del 2013. In pratica si tratta di banche alle quali lo Stato italiano si affida per la strategica gestione delle aste dei titoli. Su 20 istituti ben 17 sono esteri. Si tratta di Barclays (inglese), Bnp Paribas (francese), Citigroup (americana), Commerzbank (tedesca), Crédit Agricole (francese), Credit Suisse (svizzera), Deutsche Bank (tedesca), Goldman Sachs (americana), Hsbc (inglese), Ing Bank (olandese), Jp Morgan (americana), Merrill Lynch (americana), Morgan Stanley (americana), Nomura (giapponese), Royal Bank of Scotland (inglese), Société Générale (francese) e Ubs (svizzera). Accanto a loro le italiane Banca Imi, Unicredit e Mps. Tutte queste banche hanno il mandato di organizzare il collocamento dei nostri Btp e Bot, ma devono anche assicurarne una percentuale minima di acquisto. Sul servizio prestato, comunque, guadagnano soldi a palate. Basti pensare che nel 2014 lo Stato italiano dovrà rifinanziare debito in scadenza con emissioni lorde per circa 450 miliardi. Per tutte le attività di organizzazione di queste emissioni le banche estere incasseranno non poco. Ad ogni modo in base a un decreto firmato il 19 dicembre 2013 da Maria Cannata, il capo della direzione del Tesoro che si occupa appunto di debito pubblico, requisito essenziale per mantenere l’iscrizione nella lista degli specialisti “è la partecipazione alle aste dei titoli di Stato e l’aggiudicazione su base annua di una quota, calcolata tenendo conto delle caratteristiche finanziarie dei titoli sottoscritti, non inferiore al 3% del volume complessivo emesso dal Tesoro”. Proprio la quantità di titoli aggiudicati è uno dei criteri ai quali il Tesoro fa riferimento per stabilire quale banca sia la migliore tra gli specialisti.
I vantaggi
cannata-maria-imagoeconomica-672Far parte dell’elenco, naturalmente, produce dei “privilegi”. E’ esattamente il termine utilizzato da un decreto dirigenziale firmato dalla stessa Cannata l’11 novembre del 2011. In effetti, leggendo l’art. 9, si apprende che agli specialisti il Tesoro innanzitutto garantisce “l’accesso esclusivo alle riaperture di aste dei titoli di Stato nonché alle aste di concambio e riacquisto”. Poi garantisce l’ “accesso esclusivo” a una triplice selezione: quella di banca capofila che coordina il consorzio di collocamento delle emissioni sindacate in euro; quella di intermediario per il programma benchmark in dollari statunitensi; quella di operatore per le operazioni di riacquisto bilaterali. Tutto questo, per le banche estere, significa entrare nei gangli del meccanismo di “funzionamento” del nostro debito pubblico, di cui di fatto diventano un po’ “padrone”, incassando lauti guadagni per il servizio prestato.
Fonte: http://www.lanotiziagiornale.it/il-business-del-debito-pubblicobanche-estere-padrone-in-italiafanno-soldi-a-palate-gestendo-le-aste-di-bot-e-btp/#comment-4231

martedì 15 aprile 2014

IL DEBITO PUBBLICO IN DIECI SLIDE

Da cosa è formato il debito pubblico:
Fonte: DEF 2014


Consistenza del debito in valori percentuali
Fonte: DEF 2014
Debito  pubblico espresso in valori percentuali rispetto al PIL

Fonte: DEF 2014


Composizione dei titoli di stato al 31 marzo 2014

Fonte: Tesoro

Relativamente al grafico precedente, per coloro che sostengono che, in caso di uscita dell'Italia dall'euro, sarebbe una catastrofe poiché il debito espresso in valuta estera dovrebbe essere rimborsato con la nuova Lira, fortemente svalutata rispetto alla valuta di denominazione del debito estero, vorrei far osservare che questo rappresenta un valore inerziale del tutto trascurabile, cioè appena lo 0.09% del flottante totale dei titoli di stato


Chi detiene il debito pubblico italiano

Fonte: Bankitalia

L'incremento dei titoli di stato in portafoglio alle banche italiane.


Titoli in scadenza nei prossimi 12 mesi


Principali tassi d'interesse anno 2013

Vita residua dei titoli di stato

Evoluzione della struttura e della vita media del debito domestico



AGGIORNAMENTO: La Banca d'Italia, nel suo consueto Bollettino Statistico, ha appena reso noto che il debito pubblico, nel mese di febbraio, è salito ad euro 2107 miliardi di euro.









Fonte: SEGUI  VINCITORI E VINTI (http://www.vincitorievinti.com/2014/04/il-debito-pubblico-in-dieci-slide.html#more)

La Morale degli Schiavi

di Anne Archet

A mio nonno, bravo tipo dritto come un fuso, piaceva punzecchiarmi quand'ero bambina. Un giorno che ero andata a trovarlo, mentre prendevo posto a tavola per il pranzo, mi chiese: «hai lavorato oggi?». Avevo solo sei anni, cosicché gli ho ovviamente risposto di no. Allora mi levò il piatto dicendomi: «chi non lavora, non mangia». È ovvio che per lui si trattava solo di uno scherzo senza conseguenze, ma io che adoravo i piatti cucinati da mia nonna scoppiai in lacrime. 


Quella imposizione mi sembrò così crudele, così ingiusta, che non riuscivo a credere che un uomo che amavo potesse pensare una cosa simile, che potesse rifiutare ad una bambina affamata il cibo con il pretesto che aveva trascorso la sua giornata a giocare, allorché la pentola era piena di buona zuppa e ce n'era senz'altro abbastanza per tutti. Mia madre, consolandomi, cominciò a litigare con suo padre chiedendogli cosa gli passasse per la testa di farmi uno scherzo così idiota. Egli rispose semplicemente: «Bisognerà pure che un giorno impari che nella vita non si ottiene nulla per nulla». Fu la mia prima lezione di morale degli schiavi.

Se considerate normale che si vincoli la sopravvivenza al lavoro, che si faccia di noi tutti dei lavoratori, che si ostacoli la nostra libertà d'azione e di movimento, che ci venga imposta la frequentazione di persone con cui non abbiamo alcuna affinità, che ci venga dettato ciò che possiamo portare oppure no, ciò che possiamo dire oppure no, ovvero ciò che si può o non si può pensare – se trovate che tutto ciò sia naturale e vi domandate come mai ci sono tante persone recalcitranti che non lo tollerano, è perché la vostra mente è stata contaminata dalla morale degli schiavi. Come volervene? 

Esattamente come a me, vi è stata inculcata questa morale fin dalla più tenera età, ve l'hanno ficcata in testa sui banchi e nei cortili di scuola, ve l'hanno schiaffata in faccia durante tutte quelle ore di televisione che avete passivamente ingurgitato, ve l'hanno fatta capire in modo spartano quando avete lasciato il nido materno per volare con le vostre ali. Se pensate che «chi non lavora, non mangia» abbia un fondo di verità, se trovate che il lavoro sia non solo una necessità naturale dell'esistenza, ma anche la sola via verso la redenzione, se ritenete che gli individui che non lavorano siano degni di disprezzo e meritino la fame, è perché vivete sotto l'influenza della morale degli schiavi.

La morale è il dominio del bene e del male, contrariamente alla logica che si interessa solo al vero e al falso. Non c'è alcuna verità da aspettarsi dalla morale, se non valori e regole di comportamento imposti ad un particolare gruppo sociale e ad ogni singolo individuo, in una data epoca. La morale degli schiavi è la nostra, quella che ci tiene al guinzaglio giorno dopo giorno, in ogni ora di sonno o di veglia, fino alla morte. È la morale degli schiavi che rende perpetuo l'orrore senza nome chiamato «società», che le permette di presentarsi come minimo come un male necessario anche verso i più ribelli fra noi.

La morale degli schiavi è il sostegno ideologico dell'ingranaggio sociale che ci opprime, quale che sia il regime politico sotto cui soggiaciamo. Ci obbligano a lavorare per avere il diritto di sopravvivere. Allo stesso tempo, esigono da noi che mentre lo facciamo lasciamo la nostra coscienza e le nostre convinzioni al guardaroba, nel nome della lealtà, del rispetto, dell'obbedienza e della disciplina che (sembra) sono dovute all'istituzione che ha la «generosità» di foraggiarci ogni due settimane. 

Dopo, hanno la faccia tosta di dirci di fare i bagagli, di andare a vivere o a lavorare altrove se non siamo contenti, se le regole che ci vengono imposte arbitrariamente non fanno per noi, se le attività del nostro datore di lavoro ci fanno schifo. Infine, si scandalizzano e ci gettano in prigione se, opponendoci allo Stato e all'impresa privata e non avendo un «altrove» dove andare a venderci, rubiamo la nostra pietanza invece di attendere che ci venga versata nella scodella con disprezzo.

Il mercato del lavoro è il mercato degli schiavi.
L'etica del lavoro è la morale degli schiavi. 


lunedì 14 aprile 2014

Convegno 9 marzo: RESOCONTO

La vera natura criminosa dei fenomeni descritti con termine ingannevole come CRISI ECONOMICA dai MEDIA è stata illustrata nei lucidi ed appassionati interventi di relatori, venuti da lontano, ascoltati con estrema attenzione da quei pochi cittadini, che hanno sacrificato le sonnolente abitudini domenicali per raccogliere l’invito al convegno. Sono emerse possibili strategie e priorità che noi tutti potremmo mettere in campo per invertire la rotta umiliante in cui siamo stati condotti.

Padre Quirino Salomone, francescano devoto di grandi e colti santi italiani che operarono per difendere il popolo dall’esercizio usuraio di poteri finanziari (Bernardino da Siena e Giovanni da Capestrano), ha dato da L’Aquila un suo messaggio filmato nel video LA CRISI, L'EURO Messaggio di speranza di Padre Quirino Salomone, disponibile su YOU TUBE.
Esprime il suo rifiuto di un mondo, come quello attuale, gestito e manipolato da pochi uomini senza scrupoli, che mirano a schiavizzare la gran parte della popolazione mondiale nel totale disprezzo della sua felicità e prosperità.
Esprime un sentimento d’urgenza del risveglio di coscienza della verità da parte di tutti gli uomini di buona volontà, che richiede l’impegno di informare ed allertare i tanti, che subiscono ignari la sistematica falsificazione di fatti ed intenti operata con i mezzi d’informazione di massa.
Nel suo messaggio è l’impulso a LIBERARSI per LIBERARE.
Auspica il ravvedimento morale da parte di chi muove le fila in questo perverso progetto del quale fanno parte anche le migliaia di suicidi di tanti imprenditori italiani, messi in ginocchio dalle condizioni di recessione create con l’Eurozona e di tanti poveri cristi, umiliati dall’assenza di risorse per sopravvivere. Richiama la dottrina sociale della Chiesa ed invita a restituire forza a regole antiche come “non mentire” e “non rubare” ed a valutare la norma dai suoi effetti per constatare l’iniquità dell’ordinamento tributario.

Francesco Amodeo, giornalista impegnato controcorrente, autore del libro “Azzannate le iene”, evidenzia la voluta e sistematica disinformazione di massa, attuata da testate e televisioni che sono propaggini di poteri finanziari e politici, secondo le linee decise dai tre grandi gruppi di potere occulto mondiale (Club Bilderberg, Commissione Trilaterale e Aspen Institute) interessati al controllo economico e politico totale ed alla riduzione della popolazione mondiale.
A queste organizzazioni appartengono le più grandi multinazionali dei prodotti alimentari e farmaceutici, i maggiori gruppi bancari del mondo (come Goldman Sachs e JP Morgan), i politici e giornalisti più influenti.
Amodeo ricostruisce le informazioni su significative coincidenze tra avvenimenti politici inaspettati, come le improvvise dimissioni di capi di governo eletti, non allineati ai diktat dei decisori dell’Eurozona e l’inizio della cosiddetta crisi monetaria.
Berlusconi in Italia e Papandreou in Grecia si dimettono, senza averne mai manifestato l’intenzione, e s’insediano al loro posto capi di governo non investiti dall’elettorato, Monti e Papademos, presentati come tecnocrati anti-crisi. Di Monti e Papademos si è occultato il ruolo eminente in istituti bancari (Goldman Sachs), accusati negli USA di avere indotto a scopo speculativo la crisi dei mutui subprime. Vendite massicce di titoli pubblici da parte della Goldman Sachs hanno causato intenzionalmente l’impennata dello spread tra titoli italiani e tedeschi. Coincidenza temporale eloquente, nascosta dai mezzi di disinformazione, gli incarichi-chiave nelle tre grandi organizzazioni per il nuovo ordine mondiale (Bilderberg, Trilaterale e Aspen) e la partecipazione a loro riunioni per i gli uomini insediati alle massime cariche (Monti, Prodi, Letta, Draghi).
La chiave di lettura offerta permette di afferrare che l’agenda politica in Italia e negli altri paesi dell’Eurozona è dettata da queste organizzazioni dominate da oligarchie finanziarie, del tutto svincolate dal mandato elettorale.

Daniele Pace, autore del libro “La moneta dell’utopia”, ha scelto di vivere da minimalista a Londra dedicando quasi tutto il suo tempo alla diffusione del pensiero di giuristi come il prof. Giacinto Auriti ed economisti eretici, approfondendo i lavori di vari ricercatori in tutto il mondo come Ben Dyson del Positive Money, Bill Still, Paul Grignon ed altri.
Centro di questa nuova scienza “antropocentrica” e spirituale sul governo economico è la teoria auritiana della moneta come pura convenzione che deriva dal valore riconosciuto statisticamente ai frutti della creatività di tutti i membri di una comunità e la cui proprietà è pertanto popolare, per sua natura. Nel suo libro argomenta come oggi siano già noti gli strumenti concettuali ed operativi per un “denaro democratico” da considerarsi ancora utopia solo perché ancora è limitato il numero di persone capaci di concepire il denaro in questo nuovo modo.
In convegno ha portato una riflessione sulla secolare egemonia del potere finanziario (monopolista abusivo della proprietà e gestione del denaro) e della sua preminenza sui poteri politici, che ha finora imposto severi vincoli alla libertà ed attività umana imponendo il lavoro più confacente ad interessi speculativi con tipi e modi di produzione spesso inutili o nocivi per il benessere umano.
La cultura schiavistica finora imposta suggerisce di considerare il lavoro come un diritto, mentre la nuova frontiera dell’economia antropocentrica vedrà il lavoro come un dovere, ristretto al tempo minimo necessario per contribuire al sostentamento comunitario, mentre gran parte delle energie resteranno disponibili per creare, riflettere, comunicare, inventare, imparare, in una sola parola PER VIVERE.

Luigi De Giacomo è portavoce del Comitato Italiano Popolo Sovrano (CIPS), aperto a singoli e associazioni, recentemente costituito per perseguire a breve termine gli obiettivi della rescissione dei trattati Europei, restituzione della sovranità politica, monetaria ed alimentare al popolo, nazionalizzazione della Banca d’Italia (ora privata) con separazione delle banche commerciali dalle banche d’affari ed azzeramento del debito pubblico verso gli organismi finanziari internazionali.
Nel convegno invita chiunque voglia operare per il futuro benessere del nostro e degli altri popoli oppressi a rifiutare l’uso di falsi nomi, strumento di manipolazione sfruttante, come il termine “crisi” per adottare nomi trasparenti come il termine “truffa” oppure sostituire il termine “sostenitori” di tesi politiche favorevoli ai trattati europei con il termine “complici” dei poteri mondialisti.
De Giacomo ricorda a tutti che urge ridare al diritto naturale la priorità sul diritto economico e tracciare una linea di separazione tra chi appoggia e chi si oppone al sistema economico tirannico, attualmente imposto in Europa, a cominciare da tutti gli esponenti di partiti sulla scena politica italiana.

Giacinto Chirichella è attivista dell’Arcipelago SCEC (Solidarietà ChE Cammina ed anche Sconto ChE Cammina) associazione fondata a Napoli ed attualmente estesa in altre regioni italiane proprio per praticare uno scambio monetario democratico e così far comprendere la vera natura convenzionale e potenzialmente liberatoria del denaro.
L’Associazione regala agli iscritti delle banconote con logo convenzionale e valore nominale espresso in euro, che vengono scambiate come buoni-sconto tra tutti gli associati: commercianti, imprenditori, professionisti, artigiani, famiglie ed anche pubbliche amministrazioni (come il comune di Rofrano, primo comune del salernitano che partirà con servizi pubblici parzialmente acquistabili in SCEC).

L’effetto tangibile di questo circuito monetario complementare è l‘aumento di prosperità individuale (per maggior potere d’acquisto) e collettivo con la formazione di una rete solidale tra persone che si conoscono direttamente e condividono una visione liberatoria e comunitaria dell’economia. Inoltre si consegue il beneficio di ridurre la pressione fiscale sopportata nelle aree aderenti, in quanto gli introiti in SCEC non costituiscono imponibile, pur essendo il sistema perfettamente legale, anche sotto l’aspetto fiscale. Spesso le persone che accettano di partecipare al circuito SCEC danno vita, per naturale sviluppo del loro modo di vedere, a Gruppi di Acquisto Solidale promuovendo stili di vita e di consumi più rispettosi del benessere personale ed ambientale. L’annullamento fisico del denaro in pratiche come il baratto e la banca del tempo dimostrano la possibile mutualità di rapporti economici svincolati dalla moneta a debito.

Di Luisa Ferraro

domenica 13 aprile 2014

Quanto denaro creano le banche commerciali inglesi



Il denaro creato dalle banche commerciali inglesi confrontato con quello creato dalla Banca d'Inghilterra. Il credito e il contante.


mercoledì 9 aprile 2014

La Bank of England ed il Dottor Stranamore che vuole arrivare al Don

di Joseph Halevi*

La recentissima pubblicazione dello studio della Bank of England conferma da fonte insospettabile che le banche creano moneta dal nulla (cioe’ non la scavano da qualche miniera, ne’ la pompano da qualche giacimento) prestandola a coloro che hanno piani di investimento o di acquisto di beni di consumo durevoli. Non ci sono quindi vincoli monetari in quanto tali. Analogamente per la Banca Centrale: puo’ convalidare qualsiasi richiesta da parte del Tesoro e puo’ in tutta tranquillita’ monetizzare debito e deficit pubblici. Scuole, ospedali, ferrovie, pensioni, universita’ e ricerca possono essere finanziate senza vincoli di bilancio ma solo reali che dipendono dalle capacita’ produttive esistenti e utilizzabili. E’ ovvio che se all’Istituzione che dovrebbe convalidare i flussi nel circuito monetario, cioe’ la Banca Centrale, viene formalmente proibito di assecondare il processo, il circuito, da qualche parte finira’ per troncarsi.


Nelle banche centrali (certamente negli USA e GB) tutte queste cose erano note da tempo ma non venivano dette. Come durante l’eta’ di Galileo Galilei quando per la navigazione oceanica verso le Americhe la Chiesa permetteva l’uso da parte della Spagna della concezione copernicana della Terra; mentre in Europa, in Italia in particolare, imponeva la visione tolemaica bruciando chi la confutava pubblicamente. Il comportamento delle autorita’ burocratiche dell’UE, non tanto di Mario Draghi, e’ simile a quello della Chiesa durante il periodo galileiano.
Un’ulteriore ragione quindi per non dar alcun credito all’UE in quanto non si tratta, come ad esempio potrebbe essere in Germania, Scandinavia, Gran Bretagna, di togliere la fiducia ad un governo che puo’ essere licenziato battendolo alle elezioni. La separazione tra procedure liberal democratiche ed i meccanismi decisionali e direzionali dell’UE e’ strutturale e permanente, incastonata nelle stesse fondamenta dell’UE. Per annullare, o anche ridurre, tale separazione bisognerebbe cambiarne le fondamenta il che implicherebbe demolire e rifare la costruzione che su queste poggia. Ora, due grandi paesi dell’UE stanno acquisendo la stessa fisionomia di Bruxelles. Il primo e’ la Francia che ha preceduto Bruxelles di parecchi anni con un processo acceleratosi con Mitterrand.
In Francia il governo presidenziale e’ molto poco “accountable” (responsabile, penso si possa tradurre cosi’) di fronte all’Assemblea Nazionale la quale sta assumendo, col passar del tempo, un ruolo di comparsa. La formazione da parte di Hollande di un’ Alta Autorita’ sulla spesa pubblica ed il debito, concepita come alternativa all’impossibile inserimento nella Costituzione francese di una clausola sul pareggio di bilancio, ha ulteriormente svuotato l’Assemblea Nazionale spoliticizzando definitivamente la finanza pubblica, togliendola dal dibattito pubblico. Tale argomento, quindi la politica fiscale, viene ormai trattato da detta Autorita’ i cui membri sono nominati dall’esecutivo. In larga misura essi provengono dalla Corte dei Conti al cui controllo l’Autorita’ stessa e’ soggetta. In Francia votare per le presidenziali puo’ ancora avere un senso ma alle legislative molto meno. Il secondo paese e’ l’Italia ove la dimensione extra parlamentare del sistema di governo cresce a vista d’occhio e ove questo Parlamento e’ stato rimesso in discussione dalla stessa Corte Costituzionale (si veda l’appello a questo link).
Tra i grandi (per popolazione e peso economico) paesi europei quello ove piu’ forte e’ la difesa del proprio ordinamento interno e’ la Repubblica Federale Tedesca. Questo e’ un fatto positivo considerando che l’ordinamento della BRD e’ democratico nel senso liberale e parlamentare-regionale del termine mentre quello dell’UE non lo e’.
Ed e’ proprio perche’ assolutamente non lo è che il ministro delle finanze tedesco Schäuble puo’ venir fuori dicendo che il programma di austerita’ che ha ucciso la Grecia deve essere esteso (dalla Troika) all’Ucraina. Secondo me il ministro e’ come il Dr Strangelove di Kubrick, perche’ ha fatto una dichiarazione che implica una guerra con la Russia. Infatti l’ultracatastrofe economica che ne discenderebbe implicherebbe delle situazioni sociali esplosive nelle regioni orientali, russofone e piu’ industrializzate come Donetsk, che ricadrebbero massicciamente sulla Russia e ad essa verrebbero imputate con estrema virulenza da Kyev appoggiata da USA-NATO-UE.
Tuttavia le forze che vogliono, giustamente, mettere i paletti tra l’ordinamento della BRD e quello dell’UE, specialmente quando passa per la BCE, sono di orientamento economico monetario molto conservatore. Credono in una Moneta “FISSA” (in forma ancora piu’ rigida dell’oro) e addirittura sostengono, come l’influente Werner Sinn, che le esportazioni nette tedesche sono un sacrificio (invece di essere dei profitti per il capitale operante in e dalla Germania). Come possiamo constatare il conservatorismo economico, sia quello UE-TROIKA di Schäuble che quello export surplus = sacrifici di Sinn, produce dei nut cases (degli svitati) pericolosissimi.
Ne consegue che e’ estremamente importante assorbire cio’ che hanno scritto gli economisti della Bank of England. Essi non partono da una visione normativa bensi’ analizzano come effettivamente funziona la moneta ed il sistema bancario arrivando ad affermare cose che in Italia si trovavano gia’ in Augusto Graziani. Poco importa: la verita’ e’ venuta a galla, come ha affermato il Guardian. A galla per il pubblico ed e’ cio’ che conta. Costituisce un’importante base di partenza per pensare se e – eventualmente – come rifare le fondamenta. Altrimenti il terreno critico influente viene occupato dai Sinn in Germania, quello popolare dal Front National in Francia e quello operativo dai nut cases (svitati) dell’UE-Troika ma fino al Don questa volta. E da li’ inevitabilmente verà di vedova un velo  (per parafrasare una grande poesia di Brecht).